Il lavoro di Alessandro Gerull parte da una ricerca attenta, disparata e per certi versi bizzarra. Le sculture sono frutto dell’assemblaggio dei materiali di scarto che lo circondano.
Nel suo spazio di lavoro Gerull accumulava bottiglie, lattine, pennarelli, spray e un insieme di oggetti che per qualche motivo non riusciva mai a buttare. Facendo pulizia e ordine ha sentito l’esigenza di dare una seconda vita a oggetti destinati a diventare rifiuti: inizia creando masse eterogenee che dispone a suo piacimento entrando in empatia con gli oggetti.
Il colore è lo strumento fondamentale scelto dall’artista per dare stile, orientamento e carattere all’organismo scultoreo. Cospargendo la materia con strati di colore emergono forme, punti di luce, superfici e incastri che si amalgamano in un unicum. La veemenza del gesto trascina in questa danza materiali caduti nello status di scarto, rifiuto e ciarpame con l’ambizioso obbiettivo di rendere gradevole alla vista ciò che normalmente non lo è.
L’uso del colore è spontaneo, impulsivo e dona alle composizioni complesse la possibilità di fluttuare dall’eterogeneo verso l’omogeneo. Nel dare un senso e un’anima a forme destinate alla distruzione lo strato monocromatico mette in relazione un insieme di oggetti apparentemente sconnessi.
L’artista riflette sul concetto di “riutilizzo” che vede nello scarto l’opera stessa, sostenendo così la causa della sostenibilità.